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Relazione della Giunta per l'inchiesta sulle condizioni della Sicilia


Frontespizio della Relazione della Giunta per l'inchiesta sulle condizioni della Sicilia Relazione della Giunta per l'inchiesta
sulle condizioni della Sicilia

Estratto in formato PDF

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Pagine riprodotte: 111-125

La giunta per l’inchiesta sulle condizioni della Sicilia fu costituita in base alla Legge del 3 luglio 1875, con il compito di indagare sulle condizioni sociali ed economiche e sull’andamento dei pubblici servizi nell’isola. Dopo aver raccolto in Sicilia una vasta documentazione, la Giunta presentò al Governo il risultato delle sue indagini il 3 luglio 1876 con una relazione del deputato lombardo Romualdo Bonfadini.

Nella prima parte della relazione furono presentati i vari aspetti della vita economica e sociale dell’isola, dal movimento demografico, al regime feudale, agli effetti delle leggi di svincolo e di censuazione dello Stato unitario, attraverso le leggi sulla vendita dei beni demaniali del 1864 e quelle sulla soppressione degli ordini religiosi e la liquidazione dell’Asse ecclesiastico del 1866 e 1867. L’inchiesta illustrava quindi le caratteristiche del latifondo, lo stato dell’agricoltura e dell’industria, con particolare riguardo alla fabbricazione dei tabacchi e all’estrazione dello zolfo, la crisi del credito e le responsabilità del Banco di Sicilia, l’andamento del commercio, lo stato dei salari e dei prezzi dei generi alimentari.

Nella seconda parte esaminava lo stato dei servizi pubblici e delle infrastrutture, l’esazione delle imposte e l’andamento della tassa sul macinato.

Nella terza parte, incentrata sul tema della sicurezza pubblica, ampio risalto fu dato al problema della mafia, che tuttavia non fu percepita come un’organizzazione stabile e unitaria. "La mafia – sosteneva il relatore - non è un'associazione che abbia forme stabilite e organismi speciali; non è neanche una riunione temporanea di malandrini a scopo transitorio o determinato; non ha statuti, non ha compartecipazioni di lucro, non tiene riunioni, non ha capi riconosciuti, se non i più forti e i più abili. Ma è piuttosto lo sviluppo e il perfezionamento della prepotenza diretta ad ogni scopo di male; è la solidarietà istintiva, brutale, interessata, che unisce a danno dello Stato, delle leggi e degli organismi regolari, tutti quegli individui e quegli strati sociali che amano trarre l'esistenza e gli agi, non già dal lavoro, ma dalla violenza, dall'inganno e dall'intimidazione".

Negli stessi anni in cui la Giunta svolgeva la propria indagine, due studiosi toscani, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, condussero una memorabile inchiesta privata sulla Sicilia. Della mafia Franchetti ebbe una percezione molto più acuta di quella della commissione parlamentare, interpretandola come una "industria della violenza" praticata soprattutto dai "facinorosi della classe media" divenuti "una classe con industria ed interessi suoi propri, una forza sociale di per sé stante", la cui sussistenza e il cui sviluppo andavano ricercati "nella classe dominante". Franchetti coglieva con molta lucidità la contraddizione nell'azione dello Stato unitario che era "efficacissima e pronta contro i disordini popolari", ma "miseramente impotente" contro fenomeni come il brigantaggio e la mafia fondati "sopra la classe abbiente, o almeno sopra la parte dominante di essa".

Ultimo aggiornamento

06.06.2022

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