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Convenzione per la vendita dei beni demaniali


Convenzione tra il Ministro delle finanze ed i Promotori di una società anonima per la vendita dei beni demaniali Convenzione tra il Ministro delle finanze
ed i Promotori di una società anonima
per la vendita dei beni demaniali

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Con la legge n. 2006 del 24 novembre 1864, veniva approvata la Convenzione tra il ministro delle finanze e una Società anonima incaricata della vendita dei beni demaniali.

L’alienazione del patrimonio pubblico rifletteva senza dubbio le concezioni liberiste della Destra, ed era stata già attuata precedentemente con le leggi del 21 agosto 1862 (n. 793 e 794), ma la rapidità e l’ampiezza con cui le operazioni di vendita furono realizzate nella seconda metà degli anni 60, erano motivate dall’urgenza di reperire i fondi per arginare il profondo deficit statale. I privati ebbero modo di acquistare a basso costo i beni messi in vendita, traendo un enorme vantaggio dalle difficoltà finanziarie dello Stato.

La politica di alienazione dei demani comunali fu un elemento importante nella trasformazione della proprietà fondiaria del Mezzogiorno. Cominciata nel decennio francese, e proseguita dopo la restaurazione borbonica, aveva mirato sostanzialmente al superamento del regime feudale: l’assegnazione di quote di terre demaniali, insieme all’espropriazione e alla vendita dei beni confiscati agli enti ecclesiastici, intendeva colpire la nobiltà feudale latifondista, favorire la piccola e media proprietà e rendere produttive estese aree incolte.

In realtà, la maggior parte delle quote passarono nelle mani dei possidenti, favorendo la nascita della grande borghesia terriera, mentre l’abolizione degli usi civici, che consentivano lo sfruttamento comune delle risorse naturali, privò i contadini più poveri di un’importante fonte di sostentamento.

Dopo l’annessione del Mezzogiorno e l’esplosione della rivolta contadina, sfociata nel grande brigantaggio postunitario, la Destra riprese la politica di ripartizione dei demani comunali, che fu attuata tuttavia in maniera incerta ed eccessivamente cauta: nei cinque anni di lotta contro il brigantaggio (1861-1865), nel Mezzogiorno continentale furono assegnate solamente 63.904 quote per un totale di 59.396 ettari, che non incisero sulla distribuzione della proprietà fondiaria, visto che i contadini ne rimasero sostanzialmente esclusi.

 

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Ultimo aggiornamento

06.06.2022

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