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Legge delle guarentigie

Legge delle guarentigie Legge sulle prerogative del
Sommo Pontefice e della Santa Sede e
sulle relazioni dello Stato con la Chiesa
13 maggio 1871

Il 13 maggio 1871 il Parlamento approvò la legge delle Guarentigie che disciplinava le relazioni tra il Regno d’Italia e la Santa Sede.

La legge si articolava in due parti: nella prima erano stabilite le prerogative del pontefice, cui venivano garantiti l’inviolabilità della persona e una protezione giuridica simile a quella riconosciuta al re, la piena sovranità sui palazzi del Vaticano e del Laterano e sulla villa di Castelgandolfo, il diritto di disporre di proprie guardie armate e una dotazione annua di 3.225.000 lire, pari a 26,132 miliardi di lire, ovvero a 13, 496 milioni di euro.

Nella seconda parte la legge disciplinava le relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica, stabilendo per entrambi la più ampia, reciproca indipendenza. Il clero aveva diritto a un’illimitata libertà di riunione e i vescovi erano esentati dal giuramento al re. Considerata dalla Santa Sede come un atto unilaterale dello Stato, la legge non fu riconosciuta dalla Chiesa.

Pio IX, che già nel 1864 aveva ribadito nel Sillabo la condanna del liberalismo, dichiaratosi prigioniero politico dello Stato italiano, si chiuse nei palazzi vaticani. Il 15 maggio 1871 emanò l’enciclica “Ubi nos” nella quale ribadiva il principio che il potere spirituale non potesse essere disgiunto da quello temporale e tre anni dopo, con la bolla del 10 settembre 1874, il “non expedit”, rinnovò il divieto per i cattolici italiani di partecipare alle elezioni e in generale alla vita politica del Paese, provocando una grave frattura tra la borghesia liberale e quella cattolica.

Ultimo aggiornamento

06.06.2022

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